Anna Menghi

Sono nata il 26 giugno 1962 a Macerata, in un giorno che, mi hanno sempre detto, era dominato dal cielo blu di un’estate caldissima.

I miei genitori, Luciano e Teresa, il cui amore immenso per me e mia sorella Rita, più grande di qualche anno, è stato totale e fondamentale, erano agricoltori, per questo e, forse anche per una certa vocazione familiare, ho avuto il privilegio di vivere gli anni dell’infanzia e della giovinezza in campagna, a contatto con la natura e con i suoi tanti insegnamenti.

Colonna fondante della mia vita, la mia famiglia è stata luogo di tante gioie, anche quando, a soli sei mesi, dopo essere stata sottoposta al vaccino, ho contratto la poliomielite, una malattia grave, che ha segnato tutta la mia esistenza, mutandone le prospettive già dai primissimi anni.

Sono cresciuta nutrendomi della loro vicinanza affettuosa, della loro fiducia incondizionata nel fatto che tutto sarebbe andato bene, del loro farmi sentire speciale, mai diversa.

Sono stati, da subito, un esempio di dignità e coraggio, qualità che ho fatto mie e che scopro ogni giorno sempre più importanti.

La disabilità che dalla poliomielite è derivata mi ha arricchito di nuove esperienze, facendomi da subito confrontare con la durezza della vita, che è maestra quando ci impegniamo a non perdere la lezione che vuole trasmetterci. Ho dovuto da subito sperimentare l’angustia del limite, il pregiudizio della morale comune, la fame di giustizia, il desiderio di essere, nonostante tutto, parte del cambiamento del mondo.

Dopo gli anni della scuola, cui sono approdata con l’idea che solo un’adeguata istruzione avrebbe potuto aiutarmi ad esprimere quanto avevo dentro, ho deciso di iscrivermi alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Macerata. La laurea, conseguita nei tempi previsti, è stato un traguardo, ma anche un nuovo inizio. Nel 1988 infatti, con le idee abbastanza chiare su ciò che sarebbe stata la mia vita, ho intrapreso la pratica forense, ottenendo, dopo poco, l’abilitazione ad esercitare la professione di avvocato.

Nel 1990, anno che considero di svolta, dopo aver vinto un concorso pubblico, inizio a lavorare presso la Asl di Macerata. Approfondire tutto quanto concerne la sanità pubblica diviene la mia occupazione quotidiana e, da un certo punto di vista, lo scopo appassionato di un’intera vita, insieme a quello, giunto quasi per caso, della politica, cui, proprio in quell’anno, comincio a dedicarmi attivamente, divenendo consigliere comunale, a Macerata, nelle liste della Democrazia Cristiana.

Gli impegni di quel tempo così denso di eventi sono tanti, ma alimentano solo la mia voglia di farmi carico di ulteriori responsabilità, tanto più che sono stata educata a lavorare sodo, anche quando questo comporti rinunce e sacrifici personali.  Decido dunque di entrare nell’ANMIC, Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili, divenendone dapprima commissario provinciale e, in seguito, presidente provinciale e regionale. L’impegno associativo corre di pari passo con quello politico. Sento che l’una e l’altra cosa si intrecciano inevitabilmente, valorizzando la mia naturale attitudine a difendere i più fragili e gli ultimi.

Nel 1997, dopo aver lasciato la politica per qualche anno, mi giunge, quale membro della società civile, l’invito a candidarmi come sindaco della città di Macerata per la coalizione di centro-destra. Accetto la sfida e dopo una campagna elettorale tutt’altro che semplice, ottengo la vittoria. Ho solo 35 anni e sono la prima donna sindaco della città, due fatti che sono, al contempo, elemento di forza e debolezza del nuovo ruolo che mi attende. E ciò è tanto vero che, sebbene dopo tanti anni ancora non ne abbia compreso appieno le motivazioni, fui costretta ad interrompere tale esperienza dopo soli 18 mesi, quando 33 consiglieri della maggioranza e della minoranza, di comune accordo, consegnarono le loro dimissioni immotivate.

Tale evento ha costituito una svolta positiva nella mia carriera politica, la quale, invece di arrestarsi, come molti avevano voluto e auspicato, ha ricevuto dal basso la spinta per essere ancora più propulsiva e dinamica. Orfana di una forza politica che la sostenesse, la mia presenza negli organi elettivi cittadini non è mai mancata, sostenuta da quanti, sulla mia persona, hanno riposto un sogno di rinascita territoriale, al di là delle note dinamiche di partito.

Nel 2014 l’incontro con la Lega di Matteo Salvini. Il giovane segretario del “Carroccio” riporta al centro del dibattito politico nazionale il tema della disabilità, offrendomi la possibilità di difendere ancora una volta le questioni alle quali avevo dedicato tutta una vita. Per questo motivo, quando nel 2020 ricevo la proposta di candidarmi al Consiglio Regionale delle Marche accetto, certa che fosse la giusta occasione per tornare a fare ciò che da sempre rappresenta la mia fonte primaria di soddisfazione: aiutare gli altri, migliorando la loro vita.

Dal 19 ottobre 2020, giorno dell’insediamento della nuova Giunta di centro-destra, sono membro dell’Assemblea Legislativa delle Marche, nonché componente del Comitato per il controllo e la valutazione delle politiche della stessa Regione Marche.

Sono nata il 26 giugno 1962 a Macerata, in un giorno che, mi hanno sempre detto, era dominato dal cielo blu di un’estate caldissima.

I miei genitori, Luciano e Teresa, il cui amore immenso per me e mia sorella Rita, più grande di qualche anno, è stato totale e fondamentale, erano agricoltori, per questo e, forse anche per una certa vocazione familiare, ho avuto il privilegio di vivere gli anni dell’infanzia e della giovinezza in campagna, a contatto con la natura e con i suoi tanti insegnamenti.

Colonna fondante della mia vita, la mia famiglia è stata luogo di tante gioie, anche quando, a soli sei mesi, dopo essere stata sottoposta al vaccino, ho contratto la poliomielite, una malattia grave, che ha segnato tutta la mia esistenza, mutandone le prospettive già dai primissimi anni.

Sono cresciuta nutrendomi della loro vicinanza affettuosa, della loro fiducia incondizionata nel fatto che tutto sarebbe andato bene, del loro farmi sentire speciale, mai diversa.

Sono stati, da subito, un esempio di dignità e coraggio, qualità che ho fatto mie e che scopro ogni giorno sempre più importanti.

La disabilità che dalla poliomielite è derivata mi ha arricchito di nuove esperienze, facendomi da subito confrontare con la durezza della vita, che è maestra quando ci impegniamo a non perdere la lezione che vuole trasmetterci. Ho dovuto da subito sperimentare l’angustia del limite, il pregiudizio della morale comune, la fame di giustizia, il desiderio di essere, nonostante tutto, parte del cambiamento del mondo.

Dopo gli anni della scuola, cui sono approdata con l’idea che solo un’adeguata istruzione avrebbe potuto aiutarmi ad esprimere quanto avevo dentro, ho deciso di iscrivermi alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Macerata. La laurea, conseguita nei tempi previsti, è stato un traguardo, ma anche un nuovo inizio. Nel 1988 infatti, con le idee abbastanza chiare su ciò che sarebbe stata la mia vita, ho intrapreso la pratica forense, ottenendo, dopo poco, l’abilitazione ad esercitare la professione di avvocato.

Nel 1990, anno che considero di svolta, dopo aver vinto un concorso pubblico, inizio a lavorare presso la Asl di Macerata. Approfondire tutto quanto concerne la sanità pubblica diviene la mia occupazione quotidiana e, da un certo punto di vista, lo scopo appassionato di un’intera vita, insieme a quello, giunto quasi per caso, della politica, cui, proprio in quell’anno, comincio a dedicarmi attivamente, divenendo consigliere comunale, a Macerata, nelle liste della Democrazia Cristiana.

Gli impegni di quel tempo così denso di eventi sono tanti, ma alimentano solo la mia voglia di farmi carico di ulteriori responsabilità, tanto più che sono stata educata a lavorare sodo, anche quando questo comporti rinunce e sacrifici personali.  Decido dunque di entrare nell’ANMIC, Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili, divenendone dapprima commissario provinciale e, in seguito, presidente provinciale e regionale. L’impegno associativo corre di pari passo con quello politico. Sento che l’una e l’altra cosa si intrecciano inevitabilmente, valorizzando la mia naturale attitudine a difendere i più fragili e gli ultimi.

Nel 1997, dopo aver lasciato la politica per qualche anno, mi giunge, quale membro della società civile, l’invito a candidarmi come sindaco della città di Macerata per la coalizione di centro-destra. Accetto la sfida e dopo una campagna elettorale tutt’altro che semplice, ottengo la vittoria. Ho solo 35 anni e sono la prima donna sindaco della città, due fatti che sono, al contempo, elemento di forza e debolezza del nuovo ruolo che mi attende. E ciò è tanto vero che, sebbene dopo tanti anni ancora non ne abbia compreso appieno le motivazioni, fui costretta ad interrompere tale esperienza dopo soli 18 mesi, quando 33 consiglieri della maggioranza e della minoranza, di comune accordo, consegnarono le loro dimissioni immotivate.

Tale evento ha costituito una svolta positiva nella mia carriera politica, la quale, invece di arrestarsi, come molti avevano voluto e auspicato, ha ricevuto dal basso la spinta per essere ancora più propulsiva e dinamica. Orfana di una forza politica che la sostenesse, la mia presenza negli organi elettivi cittadini non è mai mancata, sostenuta da quanti, sulla mia persona, hanno riposto un sogno di rinascita territoriale, al di là delle note dinamiche di partito.

Nel 2014 l’incontro con la Lega di Matteo Salvini. Il giovane segretario del “Carroccio” riporta al centro del dibattito politico nazionale il tema della disabilità, offrendomi la possibilità di difendere ancora una volta le questioni alle quali avevo dedicato tutta una vita. Per questo motivo, quando nel 2020 ricevo la proposta di candidarmi al Consiglio Regionale delle Marche accetto, certa che fosse la giusta occasione per tornare a fare ciò che da sempre rappresenta la mia fonte primaria di soddisfazione: aiutare gli altri, migliorando la loro vita.

Dal 19 ottobre 2020, giorno dell’insediamento della nuova Giunta di centro-destra, sono membro dell’Assemblea Legislativa delle Marche, nonché componente del Comitato per il controllo e la valutazione delle politiche della stessa Regione Marche.