Anna Menghi

La politica che crea genera nuove forze

Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi ed impegnati possa cambiare il mondo. In verità è l’unica cosa che è sempre accaduta”.

Margaret Mead


Nel 1998 usciva il libro Lettera ad un apprendista stregone, edito da Bompiani, del professor Aldo Carotenuto, psicoanalista di grande spessore e talento, che tanto ha scritto e tanto ha dato alla letteratura della psicologia del profondo in Italia e nel mondo.

Un testo breve, ma intenso, che ha saputo darmi emozioni ancora oggi vive e utili a spiegare, perfino a me stessa, le ragioni di tante scelte fatte, soprattutto in politica.

Riavvolgo il nastro, per rendere comprensibile il perché di questo “Blog”, nato agli albori della nuova avventura che mi vede parte del Consiglio Regionale delle Marche in una fase nuova per la storia di questa terra e dell’Italia tutta. Si tratta infatti di un’iniziativa che ho voluto fortemente, tanto più che sono da sempre sostenitrice dell’importanza della comunicazione con il cittadino, qualunque sia l’impegno assunto sulla scena pubblica.

Se sono entrata di diritto nell’Assemblea Legislativa regionale è perché tanti di voi mi hanno dato fiducia, affidandomi, con il proprio voto, le speranze di un cambiamento. Chi mi conosce sa quanto solenne sia questo gesto per me. Chi mi segue da più anni e ha avuto modo di sapere tutta la mia storia è consapevole di cosa mi generi la responsabilità, quando mi viene data con il cuore colmo di aspettative.

Per questo, e forse anche per una certa attitudine a mettere le persone al centro del mio operato in ogni circostanza, ho voluto attivare un canale di comunicazione che fosse atto a far sapere chi sono, cosa penso, cosa sto facendo e perché. Lo ritengo doveroso, oltre che bello. Dopo tanti anni di impegno civile e politico ho la sensazione che sia ancora necessario parlarsi a tu per tu, senza filtri, in modo da dirsi tutto senza remore, senza altra finalità se non quella di costruire insieme il futuro che vogliamo.

Vi dico subito che, al netto di tanti eventi, non sempre è stato chiaro, in questi trent’anni, cosa rappresentasse per me la politica. Lo affermo con un certo rammarico perché, pur impegnandomi sempre al massimo, a volte è passata la linea di chi mi vedeva più come un ostacolo al mantenimento dello status quo, che un valore aggiunto nell’esecuzione di opere per il bene pubblico. Ma trent’anni sono tanti e se, malgrado le battute d’arresto, sono stata in grado di rappresentare un riferimento costante per molti, credo sia valsa la pena di tutto, anche di vivere la delusione di certe sconfitte.

Anna Menghi

Il libro che citavo nell’incipit di questo primo articolo racchiude in sé il perché di molte mie scelte.

Carotenuto lo scrive per un “apprendista stregone”, che, nel suo caso specifico, altro non è se non colui o colei che ha deciso di occuparsi della psiche, divenendo psicoanalista. Interrogandosi sulle motivazioni che possono indurre un giovane a compiere una scelta di questo tipo, l’autore spiega, in un certo senso, le ragioni di ognuno di noi, aiutandoci a capire cosa ci abbia spinto a prenderne alcune e non altre nel corso della vita. Si tratta, scrive, di un vero e proprio bisogno, “antico, precocissimo, non un’offesa o una violenza, ma qualcosa che è stato negato, magari durante l’infanzia”.

La mia non è stata una passeggiata e questo molti di voi lo sanno. A 6 mesi, in seguito al vaccino, ho contratto la poliomielite, una malattia grave, che ha cambiato il corso della mia esistenza, lasciandomi una vistosa disabilità. L’idea che non potessi correre come gli altri ha costituito certo un dolore, ma mai un limite, perché anche quando ha rappresentato un elemento di disturbo alle tante attività del quotidiano, non ha dimezzato le mie possibilità, tutt’altro!

Oggi posso dire che quel “qualcosa di negato”, come direbbe Carotenuto, è stata una risorsa preziosa, che ha alimentato passioni e necessità. La politica, arrivata quasi per caso negli anni dell’università, è tra queste. È stata una passione, perché ha saputo coinvolgermi sempre, facendo emergere lati sopiti del carattere, ma anche una necessità, perché quando ne ho compreso a fondo i meccanismi si è posta come uno strumento prezioso per realizzare quello che desideravo da sempre, aiutare gli altri.

Quando penso a tutto quanto accaduto in questi trent’anni, forte delle tante esperienze, anche dolorose, vissute sul campo, comprendo che non tutti hanno le caratteristiche per resistere nel modo in cui ho fatto io. Uso non a caso il termine “resistere”, perché la politica non è quasi mai meritocratica. È, piuttosto, un convivere con il compromesso, fatto questo che, lo ammetto, a me è sempre piaciuto poco.

Carotenuto, rivolgendosi all’apprendista stregone, gli dice che quel “bisogno” antico, quel qualcosa che gli è stato negato, è stato, all’inizio della vita, una lacuna, un “non evento” che ha lasciato una traccia indelebile nella sua personalità allora in formazione. Per dare una definizione più precisa di quella traccia ha usato il termine “ferita”, per sottolineare come sia praticamente impossibile che, così collocata nel fondo della nostra anima, essa possa rimarginarsi. Non una cicatrice dunque, ma una ferita o, meglio, una “feritoia”, un varco interiore attraverso il quale possiamo capire meglio gli altri e, attraverso di loro, noi stessi.

Credo che il mio varco sia stato sempre attivo. Mi ha dato la possibilità di scegliere lucidamente che tipo di persona sarei voluta diventare, rendendo subito chiaro cosa avrebbe dato senso al mio vivere. Il mio desiderio, che sarebbe poi divenuta una missione, era evidentemente quello di alleviare la sofferenza, combattere le ingiustizie, farmi carico delle debolezze di chi percepivo non equipaggiato per superare le avversità.

Io, quella bambina cresciuta con una gran fame di amore e vita, che di avversità ne aveva dovute superare tante, potevo trarre dalla politica il potere necessario a cambiare il mondo, un pezzettino alla volta.

Sono passati molti anni, ma quel sentimento ancora anima le mie battaglie e, sebbene non sempre corrisposto da chi diceva di capirlo, non mi ha mai abbandonato.

Sono certa che nulla accada per caso e che forse, dopotutto, sono esattamente ciò che dovevo essere. In questi trent’anni di politica ho imparato ad aprire gli occhi, avendo chiaro che il mio compito non era trovare le parole migliori per colpire un uditorio attento, quanto piuttosto agire in modo tale da essere fiera di me stessa, perché in fondo, il pubblico più importante a cui rivolgere le parole migliori ero proprio “io”. E anche quando la delusione o il fallimento hanno bussato alla porta delle mie aspettative, ho sentito forte che potevano cambiarmi gli occhi, ma non il cuore.

Agli albori di una nuova avventura, che è politica certo, ma anche umana, sento che il mio cuore appartiene a tutti coloro che mi hanno affidato un sogno di cambiamento. E a costoro dedico i prossimi anni di impegno nel Consiglio Regionale delle Marche, dove intendo praticare una politica in grado di creare cose nuove. Chi crea infatti non si limita a “spostare forze già esistenti e destinate comunque ad esaurirsi”, per dirla con lo scrittore Alessandro D’Avenia, ma ne inaugura di nuove.

È questo che voglio per me, per voi, per il mondo che, un po’ alla volta, dobbiamo impegnarci a ricostruire. Inaugurare forze nuove, capaci di edificare progetti utili a farne un posto migliore in cui vivere.

Mi auguro che questo Blog sia un primo passo in tal senso.

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